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La Terapia con Onde d’Urto

L’ambito urologico sembrerebbe molto lontano da quello ortopedico-traumatologico, ma particolarmente sorprendente è l’effetto delle onde d’urto sulle velocità di riparazione ossea nei casi di pseudoartrosi e nelle patologie muscolo-tendinee.

L’onda d’urto è essenzialmente un’onda acustica ad alta energia, e non va confusa con l’onda ultrasonora.

A differenza dell’onda ultrasonica o ultrasuono, l’onda d’urto è un impulso singolo ad incremento pressorio molto rapido seguito da un decremento più lento.

I valori pressori dell’onda d’urto (E. S. W. T., Extracorporeal shock wave therapy) sono 1000 volte superiori a quelli delle onde ultrasonore: 500 bar contro 0,35 bar.

 

Nuove apparecchiature che sfruttano le onde d’urto.

 

Meccanismo d’azione delle onde d’urto sui tessuti umani

L’efficacia dell’applicazione dell’onda d’urto è riferita a due distinti effetti:

  • Un effetto diretto dell’impulso sui tessuti nella zona del fuoco (Fase Pressoria)
  • Un effetto indiretto di cavitazione (Fase Estensoria)

Fase Pressoria

Le onde d’urto generano una forza meccanica diretta che stimola i processi riparativi dei tessuti molli e la creazione biologica di meccanismi antinfiammatori ed analgesici dei tessuti molli.

Si è osservato che l’applicazione di onde d’urto crea uno stimolo di tipo osteogenico nei tessuti ossei con notevole incremento dell’attività osteoblastica, ed una risposta di tipo vascolare neoangiogena e antinfiammatoria nei tessuti molli con notevoli rivascolarizzazioni in sito.

Fase Estensoria

È considerato un effetto secondario, dovuto alla parte dell’onda acustica generata ma non riflessa, segue il primo impulso di pressione e si ha un effetto di cavitazione nei tessuti legato alla depressione che segue l’impulso.

In conclusione le onde d’urto inducono effetti biologici che vanno ad agire sui meccanismi che generano la malattia e non semplicemente sui sintomi.

 

Questo trattamento è una novità nel campo della medicina sportiva ed ortopedica.

 

Indicazioni sul campo ortopedico & traumatologico… dopo quanto tempo i benefici?

L’applicazione delle onde d’urto extracorporee (ESWT) in campo ortopedico e traumatologico ha inizio nel 1989 con le prime sperimentazioni di Eckemkamb e Graaf. Il primo campo di applicazione furono i ritardi di consolidazione e le pseudoartrosi delle ossa. Successivamente iniziarono le sperimentazioni cliniche anche sulle parti molli nel trattamento delle periartriti calcifiche di spalla, nelle epicondiliti ed epitrocleiti e dello sperone calcaneare.

Visti i risultati incoraggianti, si è intrapreso il trattamento di altre entesopatie.

Nel 1995 venne fondata la Società Tedesca di Onde d’Urto (DGST) con il fine non solo di promuovere la metodologia, ma anche e soprattutto per prevenire in questa fase le utilizzazioni improprie delle indicazioni al trattamento.

Questa società non solo promuove la ricerca scientifica assicurando la qualità della metodologia, ma ha iniziato l’organizzazione di vari corsi di insegnamento.

In questa ottica e seguendo le “guideline” della società europea abbiamo suddiviso le indicazioni al trattamento in due campi: tessuto osseo e tessuti molli, con indicazioni che potremmo definire attuali in quanto ampiamente sperimentate con esito positivo e indicazioni future attualmente in fase sperimentale, con risultati iniziali, però, soddisfacenti.

Per quanto si riferisca al tessuto osseo, ci limitiamo attualmente al trattamento dei ritardi di consolidazione e alle pseudoartrosi delle ossa lunghe e brevi. In condizioni fisiologiche si ritiene indicativamente che la guarigione da frattura avvenga entro tre/quattro mesi dal trauma; superato questo periodo si instaurano le basi del ritardo di consolidazione e dopo sei mesi quelle della pseudoartrosi. Le sedi più frequentemente trattate sono, nell’arto superiore: omero, ulna, radio, scafoide carpale, metacarpale e le falangi; nell’arto inferiore: femore, tibia, ossa del piede.

Come criteri di inclusione consideriamo: le pseudoartrosi iper od oligotrofoniche e gap tra i monconi di frattura non superiore ai 5 mm; come criteri di esclusione, le pseudoartrosi settiche in fase sicuramente attiva o in ossa che si trovino in vicinanza di grosse strutture vascolonervose (scatola cranica, colonna vertebrale) o in prossimità dell’apice del polmone, come nel caso della clavicola. La presenza di mezzi di sintesi non controindica il trattamento, basta evitare il puntamento diretto del fuoco dell’onda stessa. Il puntamento dovrebbe essere condotto sui margini delle zone da rivitalizzare. Le complicanze locali sono di scarsa entità e consistono nella possibile formazione di piccoli ematomi e nella comparsa di petecchie emorragiche che si risolvono in pochi giorni. Preferiamo eseguire il trattamento se sono presenti mezzi di sintesi interni o esterni, non applichiamo alcun gesso o tutore ortopedico, riserviamo l’utilizzo di tali presidi solo in presenza di fratture francamente instabili o in assenza di mezzi di sintesi.

 

Le onde d’urto, generando una forza meccanica diretta, stimolano i processi riparativi e la creazione biologica di meccanismi antinfiammatori ed analgesici dei tessuti molli.

 

Indicazioni future e controindicazioni

Sono attualmente allo studio, e i primi risultati sarebbero decisamente incoraggianti, nuove applicazioni su tessuto osseo in varie patologie, fra cui la sospetta mobilizzazione delle componenti protesi dell’anca con presenza di immagini iniziali di “loosening” radiologico periprotesico o protesi divenute dolorose nei primi mesi dopo l’intervento in assenza di immagini di loosening radiologico. Nelle necrosi asettiche della testa del femore, nelle osteocondriti dissecanti del ginocchio; le indicazioni principali alla terapia con onde d’urto nelle varie patologie delle parti mobili sono: le tendiniti calcifiche e non della spalla, le epicondiliti, le epicotrocleiti, le trocanteriti, le tendinopatie dell’achilleo, le fasciti plantari con o senza la presenza di sperone calcaneare, altre entesopatie.

I vari autori ritengono che nelle tendinopatie inserzionali croniche caratterizzate da una scarsa vascolarizzazione della giunzione osteotendinea, la metodica con le onde d’urto sia un valido trattamento conservativo considerando il trattamento chirurgico come l’ultima risorsa terapeutica. Nelle tendiniti acute post-traumatiche l’effetto anti-infiammatorio delle onde d’urto è nettamente superiore a quello di altre pratiche con mezzi fisici (Hassabach, 1997).

Considerando però quanto la metodologia ad onde d’urto costo, riteniamo che nelle tendiniti acute le onde d’urto trovino il campo di applicazione principale nella traumatologia sportiva per la necessità di rapido ritorno all’attività agonistca. Nelle tendiniti calcifiche il fine non è certo quello della frammentazione della calcificazione, ma il suo progressivo riassorbimento attraverso l’aumento della vascolarizzazione locale.

Controindicazioni generali (anche per evitare effetti collaterali) all’utilizzo delle onde d’urto sono i disturbi della coagulazione, le infezioni acute, i tumori, la presenza di cartilagini di accrescimento nella sede del trattamento, la gravidanza, i pazienti con pacemaker; nel trattamento delle parti mobili non utilzziamo, di routine, l’anestesia, che si limita ad un ponfo sottocutaneo di anestetico locale da praticarsi in pazienti particolarmente insofferenti ed anziani. Il paziente dovrebbe sempre essere adeguatamente indagato con una coretta imaging basata su uno studio radiologico standard ed ecografico e, in alcuni casi, anche con RMN prima e dopo il trattamento.

 

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